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Dalla lettura in controluce di un complesso di disposizioni della nostra Costituzione (artt. 24, 25, 102, 101, art.104, il tutto alla luce del principio di eguaglianza dell’art. 3) si doveva già ricostruire un modello di processo che impone la neutralità del giudice come valore primario, nel quale convergono diverse previsioni solo in apparenza dedicate specificamente ad altri profili (il principio della domanda e l’effettività del contraddittorio, la soggezione del giudice alla legge, con obbligo di motivazione e controllo di legittimità, l’indipendenza ed autonomia della magistratura).

Con la riforma dovuta alla l. cost. n. 2 del 1999, espressamente è stata introdotta al 2° comma dell’art. 111 Cost. la garanzia del “giudice terzo e imparziale”, come uno dei pilastri del “giusto processo”. Si tratta di una formula che in realtà non costituisce una endiadi ma è intesa ad esprimere l’idea della assoluta estraneità del giudice rispetto alla res litigiosa, da ogni versante la si guardi; anzi per alcuni tale neutralità può considerarsi precondizione della nozione contemporanea di giurisdizione.

Da qui l’immanente attualità dello studio delle effettive implicazioni dei principi di terzietà ed imparzialità del giudice, il cui rispetto impone attente indagini su molteplici istituti e frequenti interventi del Giudice delle Leggi.