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La critica - Le interviste

Intervista a Mario Martone

a cura di Barbara Barone e Damiano Camarda

Dopo il successo riscosso l'anno scorso a Napoli ed in altre città d'Italia I Dieci Comandamenti di Raffaele Viviani, per la regia di Mario Martone, apre la stagione teatrale del "Verdi" di Salerno. Spettacolo corale di grande suggestione, quest'opera, oltre a confermare l'originalità e la forza del teatro di Viviani, mostra anche la sapienza di Martone, che ha saputo realizzare uno spettacolo di grande spessore e di ineguagliabile suggestione.

 

Mario Martone

È soddisfatto del successo che ha ottenuto finora e quale risposta si aspetta dal pubblico salernitano.

Siamo in un'area culturale e linguistica che è in grado di entrare in rapporto con Viviani immediatamente, perciò penso che anche il pubblico salernitano apprezzerà questo spettacolo. Del resto anche quando abbiamo rappresentato I Dieci comandamenti a Roma, Modena e Ferrara il pubblico ha mostrato di gradire e comprendere lo spettacolo. In quel caso, però, abbiamo dovuto distribuire agli spettatori un brevissimo riassunto in cui spiegavamo, quadro per quadro, cosa succedeva in scena, in maniera tale da consentir loro quantomeno di orientarsi. Il dialetto di Viviani, infatti, è molto complesso. Egli ha sempre lavorato su una lingua che fosse rigorosamente quella della città che raccontava; a differenza di Eduardo che ha elaborato una lingua teatrale più particolare e comprensibile, che ne spiega anche il maggiore successo. Ad ogni modo, nonostante gli spettatori perdessero molte battute, sono riusciti ad apprezzare lo spettacolo. Questo avviene perché c'è una tale forza teatrale in Viviani che, se rappresentato in modo giusto, raggiunge direttamente il cuore dello spettatore.
Ogni quadro è l'illustrazione della enorme difficoltà di rispettare i comandamenti in una condizione di miseria totale. Il testo è quanto mai vivo ed attuale aldilà di Napoli e della sua realtà. Oggi vi sono focolai di guerra un po' in tutto il mondo, il popolo protagonista di quest'opera è un popolo che esce da una guerra dura. La condizione di quest'umanità rappresentata da Viviani, a mio avviso, può rimandare a quella di molti popoli odierni. Noi abbiamo cercato di rappresentare questo testo non in modo nostalgico, pur restando fedeli alla tradizione vivianea, visto anche che era la prima volta che I Dieci comandamenti venivano portati in scena. Questa è un'opera difficile perché vi sono ben cento personaggi. È un testo frammentato, anche da un punto di vista stilistico. Vi sono scene d'interni e scene di strada, quadri legati alla musica e all'avanspettacolo e altri, come il V e il VI, che hanno un nucleo drammaturgico maggiore.
Uno degli aspetti più affascinanti del teatro di Viviani è proprio il dover incastrare insieme la musica, il canto, la recitazione, i momenti più intimi e quelli più coreografici. Quello di Viviani non è un teatro che si presta ad operazioni di rilettura, è un teatro tirannico. Non c'è una parte letteraria che poi viene messa in scena, ma tutto è concepito come un insieme. Viviani ha una compattezza unica.
Fortunatamente a Napoli abbiamo ancora un grande patrimonio di attori che rendono possibile mettere in scena spettacoli di questo genere. Certamente la formazione di questa compagnia è stato uno dei lavori più difficili che ho dovuto affrontare. Innanzitutto ho dovuto tener conto della suddivisione dei quadri, ciascun attore ricopre, infatti, più ruoli e doveva essere scelto sulla base dei diversi personaggi che avrebbe interpretato. Sono soddisfatto di questa compagnia. Sono attori di provenienza molto diversa, ci sono persone che vengono dalla tradizione più pura come Scarpetta, ed altri più d'avanguardia, come Marco Manchisi.

Cosa sente di suggerire ai nostri utenti che, attraverso il sito (www.teatro.unisa.it) usufruiscono di una serie di informazioni sugli autori, i testi, le bibliografie, gli avvenimenti teatrali di maggior rilievo, spesso, soprattutto i giovani, ci chiedono notizie ed informazioni sui laboratori teatrali.

La cosa più importante è lavorare in gruppo, relazionarsi agli altri compagni di lavoro, che spesso sono i migliori maestri. Quel che bisogna dire ai giovani è che il teatro è un mondo difficile e lavorare in questo ambiente può essere anche molto frustrante. Bisogna sentirlo per davvero, bisogna essere spinti da una forte passione.

Dopo Salerno, il 7 e l'8 ottobre alle ore 19.30 I Dieci comandamenti saranno rappresentati a Napoli in piazza Ventaglieri, nel cuore della città; lo spettacolo sarà ripreso dalla Rai per "Palcoscenico". Come è nata quest'idea?

Quando con Daniele Sepe siamo andati a Barra a vedere la sfilata dei Gigli abbiamo pensato che fosse quello il clima che bisognava riportare ne I Dieci Comandamenti, cioè quello di festa di piazza. La sostanza del teatro di Viviani è nella verità del rapporto popolare col teatro e non nella sofisticazione culturale. Mettendo il teatro vivianeo in una cornice culturale, lo si imprigiona in una struttura che non gli è propria; è solo nel suo "umore" diretto che lo si coglie completamente. Abbiamo pensato che portare Viviani in piazza, in un quartiere popolare, dove ci fosse il pubblico che lo ispirava e che veniva da lui raccontato, fosse il più bell'omaggio che si potesse fare a quest'autore partenopeo. Siamo riusciti, all'interno della nostra tournee, a ricavarci questi due giorni, il 7 ed 8 ottobre, in cui portare Viviani fuori dagli stucchi e dagli ori del teatro e restituirlo al suo popolo. Vedremo se funzionerà, sicuramente posso dire che provarci è stimolante.