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La critica - Schede bibliografiche

2007

 

Non chiamatemi maestro. Selezione di alcune pagine di Giorgio Strehler, a cura di Stella Casiraghi, Ginevra-Milano, 2007.
Non chiamatemi maestro. Selezione di alcune pagine di Giorgio Strehler è un omaggio al magistero artistico di Strehler a dieci anni dalla sua scomparsa. Apre il volume l'Introduzione di Stella Casiraghi, che sottolinea - giustamente - la necessità di ricordare "il lascito di un grande artista carico di sapiente tenerezza" e soprattutto riflette come "Oggi più che mai ci sarebbe bisogno di qualcuno che - come lui - ricordasse al pubblico che il mondo non si ferma all'audience, al profitto, al patinato. Qualcuno che aiuti la platea a non scordare che pensare è, sì, difficile, ma può anche essere emozionante e divertente".
Il volume raccoglie una selezione di testi che cronologicamente ricoprono quell'arco di tempo che va dagli anni giovanili del regista alle sue riflessioni poetiche, fino all'ultimo periodo della sua vita. Alcuni testi sono inediti, come una lettera del 1942 alla madre Albertina Ferrari e alcuni appunti del 1996 sulla funzione sociale del teatro; mentre altri pezzi sono estrapolati da interviste pubblicate su riviste o da trascrizioni di discorsi tenuti in convegni.
L'elegante volume è, inoltre, corredato di un denso e documentato apparato iconografico, con foto private e di scena, in cui spicca il suggestivo ritratto di Strehler realizzato da Mauro Chiesa.


CARLO ALBERTO MADRIGNANI, Effetto Sicilia. Genesi del romanzo moderno, Macerata, Quodlibet, 2007.
È il volume-testamento di Carlo Alberto Madrignani, il maggiore studioso di narrativa siciliana fra Otto e Novecento e docente di Letteratura italiana all'Università di Pisa, scomparso il 6 marzo del 2008. Lo studioso ripercorre più di un secolo di letteratura siciliana dal 1880 fino ai giorni nostri, analizzando in particolare la narrativa di Capuana, Verga, De Roberto, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Consolo e Camilleri. Per Madrignani l'effetto Sicilia, ossia l'inusuale omogeneità pur nella grande varietà sul piano della scrittura che accomuna i romanzieri siciliani (da Capuana a Camilleri), ricopre un ruolo eccezionale nella cultura letteraria italiana a tal punto che assume i "caratteri di un atto fondativo da cui prese il via la stagione-chiave del romanzo moderno italiano". In pratica l'effetto Sicilia è "sì dovuto alla matrice regionale comune, ma non meno alla disposizione a educare il pubblico continentale mettendolo di fronte ad una verità stilizzata ad alta densità visiva e impegnata a fa emergere le cose" (p. 9).


ANNA BARSOTTI, Eduardo, Fo e l'attore-autore del Novecento, Roma, Bulzoni, 2007.
Il volume di Anna Barsotti assume come oggetto d'indagine la categoria dell'attore-autore, un concetto tipico del teatro italiano a partire dalla tradizione giullaresca e dalla Commedia dell'Arte fino ai mattatori dell'Otto-Novecento. Attraverso un esame scrupoloso del percorso creativo di due grandi esponenti di tale categoria, Eduardo De Filippo e Dario Fo, Anna Barsotti precisa che l'attore-autore non è solo interprete o attore-che-scrive, ma è attore creatore nel tempo della regia: "Della regia l'attore-autore di cui parlo incorpora aspetti innovativi e salienti, senza conformarsi, e alla catena aggiungo l'importante anello di Raffaele Viviani". Pertanto, dall'analisi del corpo scenico di Eduardo e di Fo, la Barsotti alla diade attore-autore sostituisce la triade attore-autore-regista.
Il libro si articola in quattro parti: la prima e la seconda sono rispettivamente dedicate al grande Giuocoliero Eduardo De Filippo ed allo strepitoso Giullare Dario Fo; la terza parte accosta e mette a confronto queste due grandi personalità del teatro italiano del Novecento, evidenziando continuità e divergenze; la quarta parte illustra il "dopo", rilevando la diffusione del monologo comico-tragico ed il suo intreccio di dialetti e di lingue nel teatro italiano dal Novecento al Duemila (dal monologo interiore di Roberto Benigni alla conversazione multilingue di Enzo Moscato). In quest'ultima parte è riservato uno spazio significativo alla relazione tra teatro e nuovi media, partendo proprio dal rapporto di Eduardo con gli altri linguaggi e mezzi di comunicazione spettacolare rispetto al teatro.
Chiude il volume la sezione Materiali, in cui sono raccolte interviste con i maggiori rappresentanti del teatro italiano contemporaneo (Toni Servillo, Silvio Orlando, Alfonso Santagata, Paolo Rossi, Alessandro Benvenuti), curate da A. Barsotti, E. Marinai e I. Vazzar.


Lingua e lingue nel teatro italiano, a cura di Paolo Puppa, Roma, Bulzoni, 2007.
Il volume raccoglie gli atti del convegno internazionale Lingua e dialetti sulla scena italiana, svoltosi il 12 e il 13 marzo 2007, presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, con il patrocinio del Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici "Giuseppe Mazzariol" e del Dipartimento di Italianistica e Filologia Moderna in collaborazione con la Fondazione Cini. Oggetto d'indagine è il singolare rapporto tra lingua e dialetto a teatro, con particolare attenzione - come scrive Paolo Puppa nell'introduzione - alla profonda resistenza del sistema teatrale italiano a lavorare sul repertorio, vecchio e nuovo, trasformando il nuovo in tradizione. Il volume analizza il peculiare utilizzo dei dialetti a teatro, lingue teatrali per eccellenza, attraverso una mappatura (come sottolinea giustamente il curatore "inevitabilmente incompleta") della produzione drammaturgica italiana in cinque grandi aree regionali: veneta, milanese, romana, napoletana, siciliana.
Questa densa raccolta di saggi rappresenta un'importante e valida riflessione sulla pluralità di idiomi presenti nella drammaturgia italiana da Goldoni a Viviani, da Pirandello a Celestini.
Scritti di: Paolo Puppa, Piermario Vescovo, Paola Martinuzzi, Carmelo Alberti, Gilberto Pizzamiglio, Roberto Cuppone, Alberto Bentivoglio, Pietro Gibellini, Antonia Lezza, Gaetana Marrone, Mariano D'Amora, Joseph Farrell, Anna Sica, Stefania Stefanelli.


PATRIZIA BOLOGNA, Tuttestorie. Radici, pensieri e opere di Ascanio Celestini, Introduzione di Edoardo Sanguineti, Milano, Ubulibri, 2007.
Il volume è il risultato di quattro anni di ricerche condotte da Patrizia Bologna a partire dall'osservazione del lavoro di Ascanio Celestini attraverso i viaggi e le tournée fatti insieme a lui e ai suoi collaboratori. La studiosa, attraverso la rielaborazione dei materiali di questa esperienza, intende illustrare il percorso formativo, il metodo e l'opera teatrale di Celestini.
Il libro si articola in quattro capitoli: il primo nasce da una lunghissima intervista (durata tre anni) che ripercorre le tappe più importanti dell'iter formativo di Celestini; il secondo si fonda sulla descrizione del metodo di lavoro (la drammaturgia delle fonti orali); il terzo contiene l'analisi di tutti gli spettacoli da Baccalà fino a La pecora nera; infine, il quarto capitolo è dedicato ai tre laboratori di Scandicci, Bologna e Roma, finalizzati al reperimento dei materiali per lo spettacolo La pecora nera. Particolarmente significativo è il lavoro condotto da Patrizia Bologna nel terzo capitolo, in cui ha analizzato con grande attenzione i testi, evidenziando rispettivamente per ognuno di essi la storia, la nascita dell'idea, i significati dell'opera e la messinscena.


MARIA ANTONIETTA GRIGNANI, Novecento plurale. Scrittori e lingua, Napoli, Liguori editore, 2007.
Il volume raccoglie undici lavori di Maria Antonietta Grignani (docente di Lingua italiana e Storia della lingua italiana all'Università di Pavia) sulla prosa del Novecento, articolati in quattro sezioni (Polemiche e umorismo, Oscillazioni e contrasti, Diacronie, Scrittura e teatro) che corrispondono ad atteggiamenti precisi assunti dagli scrittori nei confronti della lingua e dello stile. Le quattro sezioni rispecchiano particolari aspetti della prosa che nel Novecento ha conosciuto una pluralità di soluzioni. L'architettura del libro è ben illustrata dalla studiosa nella Prefazione: la prima parte, attraverso l'analisi dei travestimenti di Gadda e della narrativa graffiante di Mastronardi e Bianciardi, evidenzia aspetti diversi di scrittori in genere rubricati sotto l'etichetta "espressionismo"; nella seconda sezione Tozzi, Landolfi e Tobino sono ricondotti a un tipico atteggiamento oscillatorio tra tradizione letteraria e novità delle idee. La sezione successiva nei casi di Ginzburg, Lucentini, Celati, Pasolini e Calvino - come precisa la studiosa - segue percorsi e scelte attraverso i vari tempi della scrittura e della riflessione critica di questi autori attivi nella seconda metà del Novecento. L'ultima parte, Scrittura e teatro, si sofferma sul teatro di Natalia Ginzburg e di Edoardo Sanguineti che rappresentano due diverse direttrici della lingua teatrale, una più sensibile all'oralità e alla vocalità, l'altra più vicina ai cambiamenti e alle attese di oggi. "Il teatro antinaturalistico e sottoparlato di Sanguineti - afferma giustamente la studiosa - è una sfida per lo storico della lingua, uso a misurarsi nella scala delle temperature che va dai tartufi dell'espressività più intarsiata all'accettabilità dello stile semplice o alla simulazione dell'oralità".


RUGGERO CAPPUCCIO, La notte dei due silenzi, Palermo, Sellerio, 2007.
La notte dei due silenzi, prima opera narrativa di Ruggero Cappuccio, noto scrittore e regista di teatro e di cinema, è un romanzo ambientato tra Napoli, Palermo e Amalfi, fa da sfondo il Regno delle Due Sicilie negli anni cruciali che precedono l'unificazione italiana.
Al centro della vicenda c'è la storia d'amore tra il giovane Alessandro, esponente dell'illustre famiglia degli Altomare, e la nobile Chiara. Dopo le nozze, però, la giovane fanciulla muore vittima del vaiolo e il suo amato sposo si chiude in un doloroso isolamento; tuttavia, la rassegnazione di Alessandro è sconvolta dall'apparizione di una donna che alcuni riconoscono come Chiara, ma chi sia veramente non è dato sapere. È evidente la presenza di un tema tipicamente teatrale qual è il doppio. A proposito di tale tematica è interessante osservare come il titolo del penultimo capitolo del romanzo sia reso graficamente con un "effetto specchio".
La storia si snoda su più registri: c'è la voce del narratore eterodiegetico onnisciente (che non segue un rigido ordine cronologico) inserita in ripartizioni che inglobano reperti documentali e memoriali come il diario e le lettere tra il giovane Eugenio Altomare (fratello minore di Alessandro) e Georges Bernard Descuret, un singolare scienziato francese. Inoltre, la costruzione della narrazione spesso assume la forma drammatizzata, basti pensare al capitolo significativamente intitolato Dialogo Reale o alle brevi didascalie che descrivono gesti ed atteggiamenti dei personaggi. Sintatticamente la prosa di Cappuccio è caratterizzata da un notevole ricorso alle figure retoriche, particolarmente frequenti le similitudini che ispessiscono e colorano il tessuto linguistico.


ENZO MOSCATO, Orfani veleni, introduzione di Enzo Moscato, Milano, Ubulibri, 2007.
Dopo L'Angelico bestiario (1991) e Quadrilogia di Santarcangelo (1999) editi nella collana "I testi" di Ubulibri, la casa editrice milanese pubblica la terza raccolta teatrale di Enzo Moscato: Orfani veleni, il cui titolo riprende il nome iniziale della Compagnia teatrale di Enzo Moscato.
Sono quattro testi (Scannasurice, Signurì, signurì..., Co'Stell'Azioni, Orfani veleni) che lo stesso Moscato, nell'introduzione, definisce una strana quadriga drammaturgica; infatti, già da un punto di vista cronologico si collocano in momenti diversi della produzione teatrale del drammaturgo napoletano: i primi due testi (Scannasurice e Signurì, signurì...) sono stati scritti tra il 1980 e il 1982, mentre Co'Stell'Azioni e Orfani veleni sono stati scritti tra il 1990-2002 e il 1995-2002. Inoltre, le due coppie di testi teatrali si differenziano tra loro anche per criteri stilistici e strutturali: i primi due rappresentano gli esordi della drammaturgia moscatiana in cui si riscontra la presenza di didascalie e descrizioni, ambienti e personaggi, storie e sottostorie; nella seconda coppia di testi non si racconta niente, mancano le modalità (descrizioni, didascalie, esemplificazioni) e i vettori (personaggi, ambienti, azioni) del racconto stesso. In Co'Stell'Azioni e Orfani veleni "tutto è diluito - scrive Moscato - nell'Informale e Neutro, nell'a-Spaziale e a-Storico, con cui, di solito ci si imbatte a proposito della Poesia. Che è poi, umilmente, nel mio caso, soltanto la non-prosa". Il filo rosso che lega i testi della raccolta è proprio il passaggio dalla "prosa" dei primi due lavori alla "s-prosa" degli ultimi due testi.


JORGE NINAPAYATA DE LA ROSA, Bambolina bella e altri racconti, Prefazione di Camilo Fernández Cozman, Traduzione italiana di Gabriella De Fina, Rimini, Raffaelli Editore, 2007.
A distanza di cinque anni dalla versione in lingua originale (Muñequita linda), è pubblicata la raccolta di racconti dello scrittore peruviano Jorge Ninapayata De La Rosa nella traduzione italiana di Gabriella De Fina, attrice e autrice di testi in lingua italiana e spagnola. I sei racconti (Bambolina bella, Garcia Maquez e io, Il Paradiso, Incontri falliti, Lettere, Mio fratello Alberto) offrono una riflessione sul tema della solitudine, della monotonia di una vita ancorata al ricordo, della frustrazione amorosa e della possibilità del lavoro dell'uomo di contribuire alla Storia. I personaggi che popolano questi racconti, caratterizzati con grande equilibrio e misura, sono contrassegnati da una forte solitudine e dall'angoscia della routine.
La prosa di Ninapayata è fluida ed espressa in uno stile rigoroso che riesce a conquistare il lettore con la musicalità del linguaggio. Ninapayata, come i grandi maestri del racconto breve (Edgar Allan Poe e Guy de Maupassant), colloca con eccezionale bravura i vocaboli sulla pagina, riuscendo a catturare il lettore nella rete dell'intreccio narrativo senza distaccarsene fino alla fine.
Alcuni dei racconti pubblicati nella raccolta hanno vinto premi nazionali ed internazionali quali: il Premio Juan Rulfo, il Premio El Cuento de las 1000 Palabras, il Premio Julio Ramón Ribeyro, il Premio Jorge Luis Borges.


Carmelo Bene legge Dante, a cura di Rino Maenza, Venezia, Marsilio, 2007 con DVD.
Il cofanetto pubblicato dalla Marsilio Editori contiene un libro e un DVD che rievocano la memorabile e straordinaria Lectura Dantis di Carmelo Bene sulla Torre degli Asinelli, il 31 luglio 1981, una performance-evento che si colloca nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Il volume curato da Rino Maenza, collaboratore di Carmelo Bene, ricostruisce la cornice storico-culturale dell'evento, dalla sua genesi alla sua attuazione, con le testimonianze di chi ha partecipato alla realizzazione del progetto, con i commenti, le critiche e le recensioni del mondo culturale e mediatico. Chiude il volume un'utile ricostruzione della rassegna stampa relativa alla Lectura Dantis di Bene a Bologna.
Il prezioso DVD (tratto da una ripresa amatoriale girata dalla giovane videoamatrice Angela Tomasini), della durata di circa 45 minuti, ha un alto valore documentario: la Lectura di Bologna fu la prima nel suo genere, Bene inaugurò una forma di recitazione-lettura mai sperimentata in precedenza, per la prima volta un attore declamò i versi di un grande poeta di fronte a decine di migliaia di persone. La Lectura Dantis di Bene, partendo dal celebre canto V dell'Inferno, attraversa gli episodi e i personaggi più rappresentativi del poema dantesco: Ulisse, Diomede, il conte Ugolino, Sordello. Altamente suggestivo ed emozionante è il finale con la lettura dei sonetti Guido, i' vorrei... e Tanto gentile e tanto onesta pare e la dedica di Bene: "Ricordo a tutti che ho dedicato questo canto, da ferito a morte, non ai morti ma ai feriti dell'orrenda strage".


EGIDIO CARBONE, La bufaliera, Prefazione di Livio Sossi, Cosenza, Falco Editore, 2007.
Le dodici scene in cui si articola l’atto unico, ambientato in una bufaliera campana, raccontano la storia di due genitori (separati) che si contendono l’affidamento della loro Piccola. In questo spaccato di vita quotidiana, di grande attualità, ricopre un ruolo forte la Vecchia nonna paterna (simbolo di un mondo rurale e conservatore) che esercita il suo potere dispotico sul figlio e che è fermamente decisa a portare via alla nuora la nipote.
Il testo mette in luce la crisi della famiglia e dei suoi valori in una scrittura – come evidenzia Livio Sossi nella Prefazione – forte e vibrante. Lo stile della scrittura drammatica di Egidio Carbone richiama alla mente quello di Giovanni Verga, soprattutto per il frequente ricorso alle similitudini ed ai modi di dire. Il personaggio della Vecchia, come il padron ’Ntoni verghiano, si esprime attraverso uno stile sentenzioso (“Meglio il morso di una bufala che una vipera nel letto”; La mangiatoia è bassa”; “La formica lo sa dove trova lo zucchero”, etc.).