fondo cuomo
È l'ottobre del 1976 quando, su proposta del consigliere Antonio Guariglia, la Giunta comunale di Salerno - Sindaco l'ingegnere Pellegrino Cuciniello - dispone il trasferimento all'Università del fondo librario ereditato dal senatore Cuomo. Dopo alcuni sopralluoghi effettuati a palazzo Santoro dall'allora rettore Nicola Cilento e dal professor Massimo Panebianco, direttore scientifico della biblioteca ricevente, si organizza il trasporto graduale dei materiali nella sede delle facoltà di economia e commercio e giurisprudenza, allora dislocate in via Francesco Prudente. Per volontà degli eredi, tuttavia, una sommaria catalogazione è eseguita in casa Cuomo, prima che avvenga il trasferimento. Circa undicimila le unità bibliografiche complessive, in genere contraddistinte dall'apposizione sul frontespizio e fra le pagine di un timbro violaceo rotondo, che circoscrive una coppa colma di frutti, di foggia antica e con ampie anse sporgenti, recante nel doppio margine interno la dicitura "Biblioteca Giov. Cuomo - Salerno" (sono riscontrabili tuttavia almeno altri due differenti ex libris). Dalla esigua documentazione conservata nell'Archivio generale di ateneo non emergono molti altri dati: si farà cenno qui soltanto dei più significativi. Nel maggio del 1977 il Consiglio di amministrazione dell'Università provvede allo stanziamento di circa nove milioni di lire per l'acquisto di armadi metallici - che, per mancanza di spazi, sono allora allineati nei corridoi della biblioteca - e per la catalogazione del fondo: questa è affidata in più riprese al signor Michele Curzio, che fino al gennaio del 1980 riesce a schedare in modo approssimativo poco più della metà del fondo.
Il resto è storia recente. Devoluto, unitamente alle collezioni librarie provenienti dalle biblioteche di facoltà, alla struttura centrale di ateneo nel campus universitario di Fisciano, la raccolta appartenuta a Giovanni Cuomo è stata riordinata e adeguatamente collocata negli spazi limitrofi alla sala cataloghi in oltre cinquanta sobrie scaffalature a vetri, che valorizzano gli eleganti dorsi delle molte legature di primo Novecento in pelle o mezza pelle. Si è trattato di un primo, indispensabile passo ai fini di un pieno recupero. Va da sé che parallelamente si è proceduto al ripristino degli esemplari sfascicolati o in precario stato di conservazione (circa 1.200). Affrontare un progetto organico di tutela e catalogazione di un fondo librario ampio e composito come quello di cui si tratta comporta di necessità una ricognizione preliminare allo scopo di organizzare anche fisicamente l'insieme, distinguere la sezione umanistica dalla giuridica, la parte monografica dalla periodica, accorpare le collane e le opere in più volumi, i fascicoli e le annate di periodici disseminati in varie collocazioni; per procedere, poi, ad una globale revisione e alla necessaria integrazione del catalogo secondo criteri scientificamente affidabili. Di scarsa utilità, purtroppo, si è rivelato l'originario, parziale lavoro di catalogazione su schede, condotto con criteri troppo sommari per consentire una conversione. L'inserimento nell'opac di Ateneo, di conseguenza, è stato eseguito integralmente di prima mano.
Il percorso di recupero e valorizzazione, intrapreso nel 2011, allo stato attuale può ritenersi avanzato e in via di compimento. Interamente riordinate, inventariate e registrate le testate periodiche (oltre un centinaio, alcune di notevole interesse); pressoché terminata la catalogazione della sezione umanistica del fondo; progredita anche quella giuridica e la parte antica; completata la ricognizione della foltissima compagine di opuscoli ed estratti, dei quali è stato pure avviato l'inserimento al catalogo.
Ad un primo e sommario esame, infatti, nella congerie di volumi allineati nell'ordine di collocazione senza criteri chiaramente riconoscibili, si è ritenuto di distinguere e porre in evidenza tre grandi filoni, che, com'è naturale, rispecchiano le varie anime del possessore, fasi e aspetti della sua biografia intellettuale. Si può con sicurezza sostenere che più di un terzo dell'intera biblioteca ha una connotazione spiccatamente letteraria. Si tratta di un complesso di rilievo, che documenta un'accorta e nutrita selezione di buone edizioni italiane coeve. Circa centosettanta quelle di classici greci e latini; e se fra i primi si registra un certo equilibrio (filosofi e storici - come Platone, Tucidide, Polibio, Plutarco - ma anche i tragici), fra i secondi emerge per numero di occorrenze Cicerone, seguito da Orazio e Tacito; e non mancano Lucrezio, Livio, Virgilio, Ovidio e Plinio. È la letteratura nazionale, tuttavia, a risultare nettamente dominante, assorbendo da sola più del 60% dell'intero settore disciplinare. Dai grandi trecentisti fino a Leopardi e Manzoni, nessuno dei nomi che compongono la linea del canone maggiore manca all'appello; e tutti o quasi sono presenti con più edizioni diverse, mentre sporadici sono i titoli dei cosiddetti minori. A conferma dell'orientamento 'contemporaneo' della biblioteca, deve sottolinearsi, peraltro, la netta prevalenza della letteratura postunitaria e primo-novecentesca: Carducci con ventotto titoli, Pascoli con diciassette, D'Annunzio (forse in assoluto il più rappresentato) con trentanove sono fra i nomi più ricorrenti, accompagnati da poeti, narratori, saggisti, poligrafi: Fogazzaro e De Amicis, Papini e Prezzolini, Oriani e Ojetti, solo per fare qualcuno fra i nomi più frequenti; ma l'elenco potrebbe senz'altro allungarsi. Non può stupire, infine, considerato l'impegno esegetico del giovane Cuomo, la cospicua presenza di volumi di critica, soprattutto dantesca, leopardiana e manzoniana - o il ripetersi nel catalogo di nomi come De Sanctis, D'Ancona, D'Ovidio; né tanto meno, in una biblioteca allestita e accresciuta nella prima metà del Novecento, il ricorrere degli scritti crociani, dai saggi filosofici a quelli di storia letteraria e politica. Non poche, inoltre, sono le prime edizioni: una rassegna parziale, solo a titolo di più che parziale esemplificazione, pone in evidenza la Fedra dannunziana (Treves 1909), i Poemi del Risorgimento (a cura di Maria Pascoli, Zanichelli 1913) e i Poemi italici e Canzoni di Re Enzio di Pascoli (Zanichelli 1914; ma le prime edd. separate sono rispettivamente del 1911 e del 1909). Fra le esclusioni immediatamente rilevabili sorprende quella dei veristi e dei maggiori narratori dei primi decenni del secolo: mancano del tutto Verga e Deledda, poco o nulla c'è di Capuana e della Serao, di De Roberto si registra il solo saggio su Leopardi. Se non colpisce, poi, l'assenza di Svevo - la cui fortuna in Italia rimbalza dall'estero solo in pieno Novecento - incuriosisce quella pressoché completa di Pirandello, di cui figura al catalogo unicamente il saggio L'umorismo (Carabba 1908); più nulla della monumentale opera drammaturgica dell'agrigentino, nessuno dei grandi romanzi. Prevedibile, considerata la generale impostazione e gli orientamenti ideologici del possessore, la carenza di futuristi e della pubblicistica di stretta osservanza al Regime (quest'ultima è, tuttavia, rappresentata). Costante attenzione è riservata alle espressioni maggiori delle altre letterature europee, in particolare al romanzo. Francesi, inglesi e russi sono presenti soprattutto con i nomi della grande narrativa: da Balzac a Flaubert a Hugo a Zola a France; da Dickens a Jerome a Kipling; da Puškin a Dostoevskij a Tolstoj, per lo più tradotti in popolari collane editoriali da Treves e Corbaccio. Più frammentario appare il panorama dei tedeschi, comunque ben rappresentati (Goethe, innanzitutto, ma anche Novalis, Kleist, Heine); decisamente carente quello degli spagnoli, del tutto occasionali i titoli di letterature scandinave o slave.
Di grande interesse e rilievo il filone giuridico, che costituisce all'incirca un terzo del complesso, per il quale si può al momento contare su un lavoro di catalogazione ancora in fieri (circa i due terzi del posseduto). Un rapido sguardo consente di mettere a fuoco la foltissima presenza dei principali repertori dell'epoca, di cospicue raccolte di leggi e decreti, di rassegne giurisprudenziali e saggi (di ambito sia penalistico sia civilistico), tutti strettamente legati alla lunga e fortunata attività forense del possessore. Ugualmente può dirsi dell'estrattoteca, la cui ricognizione fornisce indicazioni sulla fitta trama di rapporti intrattenuti da Giovanni Cuomo con intellettuali, politici, giuristi e, nel contempo, offre testimonianze - politiche, amministrative, urbanistiche, storico-culturali - di estremo interesse sul territorio e sulla città di Salerno in particolare. Rilevante la presenza di documenti legati all'attività scolastica e amministrativa di Giovanni Cuomo, che diresse l'Istituto Commerciale e, prima dell'avvento del Regime, fu per lunghi anni assessore comunale al Bilancio e all'Istruzione. Non mancano, ovviamente, tracce dell'intensa attività dicasteriale e parlamentare degli ultimi anni di vita, in primis quella connessa alla Costituente repubblicana.
Importa, invece, portare in evidenza una terza, consistente vena che percorre la collezione libraria, quella degli studi storico-politici e socio-economici, che offre una ragguardevole testimonianza, costituita per lo più da edizioni ottocentesche. Risultano presenti all'appello, per esempio, molti dei testi-cardine dell'epoca: dai saggi canonici di storia antica di Gibbon, Liddell, Mommsen, Gaetano De Sanctis, Ettore Pais, Le Beau-Crevier (continuazione dell'opera di Rollin), Gregorovius ai classici di Guicciardini e Paolo Sarpi, al Savonarola di Pasquale Villari; e poi ancora: Colletta e Carlo Botta, La Farina, Vannucci e Sismondi, Denina e Ciampi, Stefanoni, Savelli, Cantù, e, in ambito europeo, Norvins e Michelet, Lingard e Philippson, ecc. Una consistente raccolta di scritti e discorsi parlamentari - Cavour, Rattazzi, Minghetti, Sella, Silvio Spaventa, Depretis, Imbriani Poerio, Mancini, Bonghi, Crispi, Zanardelli, Sonnino, ecc. - completa la documentazione storico-politica. Dati, quelli esposti, che attendono conferma dalla necessaria estensione del sondaggio su più larga scala. La materia, certo, si presenta ancora fluida ed è suscettibile di tutti quegli incrementi e correzioni che potranno nel tempo definirne il profilo. Rimane, tuttavia, l'impressione globale di una biblioteca essenzialmente attuale, allestita e utilizzata da un letterato prima, da un professionista e politico poi, interessato in modo precipuo al fenomeno culturale e sociale in cui vive; incline, insomma, a circondarsi di materiali di studio contemporanei. Va detto, infatti, che nella composizione della raccolta privata di Cuomo difficilmente potrebbe scorgersi, se non sporadicamente, il tratto distintivo del bibliofilo, del ricercatore esperto di editoria antica e intento a procurarsi rarità bibliografiche, legature pregiate, libri dal ragguardevole corredo illustrativo. Scarseggiano infatti, a una prima indagine, esemplari di particolare rilievo antiquariale. È pur vero, d'altro canto, che la significativa presenza di esemplari antichi (alcune centinaia) induce a pensare che almeno saltuariamente Cuomo attingesse a canali di approvvigionamento specializzato: alcune edizioni cinquecentesche di buon livello, per esempio, impreziosiscono l'intera compagine. Si tratta, salvo qualche eccezione, di accurati commenti di classici greco-latini o di diffusissimi testi giuridici. A titolo di scarna esemplificazione si possono menzionare: un esemplare dell'edizione lugdunense degli Opera di Bernardo di Chiaravalle, datato 1538, che appartenne, come recita la nota di possesso, ad un tal Cherubini, sacerdote ad Atena nei primi anni dell'Ottocento, la cui mano è forse riconoscibile in qualche sporadico commento manoscritto al testo; una Naturalis historia di Plinio, edita dalle officine lionesi di Godefroy e Marcellin Beringen nel 1548, recante almeno due note di possesso fra loro distanti nel tempo e protetta da una bella legatura tardo-ottocentesca con tasselli colorati e fregi in oro sul dorso; l'esemplare censurato degli Omnia poemata di Orazio (eredi Ravani, 1549), corredato da una silloge di commenti e scolii di autorevoli interpreti: da Pomponio Porfirio a Giano Parrasio, dal Robortello al Poliziano, da Aldo Manuzio a Telesio; un non comune esemplare delle Antiquitates romanae di Dionigi di Alicarnasso con il commento di Sigmund Gelen, stampate a Basilea da Froben ed Episcopius nel 1549, ecc. Sul versante dei testi e commenti giuridici del XVI secolo spicca un non raro, ma elegante esemplare dei primi nove libri del Codex giustinianeo, stampato nel 1569 a Venezia da Bevilacqua, De' Franceschi, Bindoni e Zenaro, le cui iniziali contraddistinguono sul frontespizio la marca tipografica composita, che ne raccoglie i quattro simboli: la pace, l'occhio, la Pazienza e la salamandra. La medesima società di stampatori è artefice, sempre nel 1569, anche del Digestus iuris civilis in tre cospicui tomi, nel formato e con le caratteristiche tipografiche analoghe a quelle del Codice, che dovevano favorire l'assemblaggio in un unico corpus.
Oltre ottocento sono le annate di riviste (complete o lacunose), in prevalenza datate fra i primi anni dopo l'Unità e gli anni '40 del Novecento. Qualche eccezione è costituita da gazzette preunitarie e da qualche rivista successiva alla scomparsa del possessore (evidentemente appartenuta a familiari). La compagine dei periodici ugualmente attesta il doppio versante, giuridico e umanistico, degli interessi del possessore, umanista dapprima (con spiccati interessi letterari), giurista poi. Da segnalare, in tale ambito, gli importanti ritrovamenti di alcune riviste di produzione salernitana: "Il Nuovo istitutore" (1869-1888), "Il giurista" (1883-1888); "Luigi Settembrini" (1892-1893); "La Rassegna giuridica" (dir. negli anni '30 da S. Mobilio, sette fascicoli sciolti); l'originale del primo numero de "La Rinascita", stampato a Salerno nel 1946; i fascicoli di "Politica estera", anch'essi inizialmente stampati a Salerno (poi a Roma), ecc.
Le considerazioni fin qui espresse alimentano l'immagine di una raccolta privata essenzialmente rivolta alla modernità - sia pure con uno sguardo rivolto al passato - che ben può esemplificare la storia editoriale italiana fra lo scorcio dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento. L'esplorazione di un fondo librario cronologicamente compatto, qual è appunto il nostro, costituisce di per sé uno spaccato di storia editoriale. Può valere la pena trarne qualche veloce riscontro.
È senza dubbio il primo quarto del 'secolo breve' quello meglio rappresentato. I marchi editoriali di Treves, Carabba e Laterza - che in quei decenni si aggiudicano le maggiori quote di mercato - ricorrono nel catalogo con evidente frequenza e si segnalano quali indici caratterizzanti di una biblioteca fortemente orientata alla cultura ufficiale della nuova Italia. Ugualmente significative sono le percentuali riferibili a Vallecchi, Signorelli, Paravia, Formiggini; e, ancora, a Cappelli, Sandron, Zanichelli, Sansoni, Lemonnier. Non frequentissimi, infine, i marchi della pur florida editoria napoletana coeva; minoritaria, ma presente, l'industria libraria di intrattenimento, che negli stessi anni si rivolge al pubblico piccolo-borghese con le collezioni popolari di narrativa edite da Sonzogno, Bietti, Salani. Dati che concorrono a descrivere il contesto pressoché omogeneo di una 'biblioteca di cultura', fondata su quegli intenti pedagogico-civili che, a decorrere dalla pubblicazione della desanctisiana Storia della letteratura italiana, sostengono l'intelligencija del Regno nell'opera di costruzione della identità nazionale. Marcello Andria
(Sintesi, con numerose modifiche e integrazioni, del contributo dell'autore dal titolo Libri e letture di un intellettuale salernitano. La biblioteca privata di Giovanni Cuomo, in Giovanni Cuomo. Una vita per Salerno e il Mezzogiorno, a cura di V. Bonani. Atti del Convegno Nazionale di Studi Salerno, 12-14 dicembre 2007. Angri (SA), Editrice Gaia, 2008, pp. 19-29)