A Palazzo Reale i Canti di scena di Viviani
Un'indagine sugli aspetti sonori del teatro di Viviani fa da spunto al dibattito che si è tenuto venerdì 13 aprile (alle ore 17.30), nella sala del Premio Napoli a Palazzo Reale, per la presentazione del libro Canti di scena di Raffaele Viviani, a cura di Pasquale Scialò (edizione Simeoli - Guida). All'incontro, realizzato per il ciclo Ascoltare la scena, sono intervenuti Enzo Moscato ed Antonia Lezza che hanno animato un'interessante tavola rotonda. A fare gli onori di casa è stato il Presidente della Fondazione Premio Napoli, Silvio Perrella, che dopo aver parlato delle iniziative promosse dall'istituzione per la stagione in corso, ha ceduto la parola a Pasquale Scialò, musicista e compositore, docente di Storia della Musica presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Le note della parigina Valse brune, che pare abbia ispirato Viviani nella prima stesura di Bammnella 'e copp'e Quartiere, hanno offerto lo spunto per fare le prime considerazioni sul rapporto di Viviani con la musica, sul suo metodo compositivo, sul suo "sincretismo sonoro urbano" e sulle motivazioni che hanno spinto Scialò a rivolgere ancora una volta la sua attenzione e i suoi studi al teatro di Viviani. Scialò ha raccontato di aver ceduto alle sollecitazioni proprio di Simeoli che lo ha convinto a realizzare questo, come egli stesso lo ha definito, "Viviani secondo atto". La prima parte risale alla fine degli anni Ottanta quando Guido Davico Bonino, Antonia Lezza e Pasquale Scialò curarono la raccolta Raffaele Viviani, Teatro, un corpus di sei volumi contenenti migliaia di pagine con note critiche, filologiche e musicali, una summa dell'esegesi artistica, storica e letteraria sulla figura e sul percorso teatrale del grande drammaturgo nato a Castellammare di Stabia. Ora, nel volume Canti di scena, settimo titolo pubblicato nella collana "Identità sonore", diretta dallo stesso Scialò per la casa editrice Guida, ha realizzato un'antologia che contiene le musiche ed i testi di tredici canzoni scelte tra quelle più rappresentative del repertorio di Viviani quali: la già citata Bammenella (Toledo di notte, 1918) Aria marina (Scalo marittimo, 1918), 'A rumba de' scugnizze (L'ultimo scugnizzo, 1932), O' guappo 'nnammurato ('O vico, 1917). Scialò ha affermato che lavorare su uno degli autori più sonori e pregnanti di musicalità di tutto il Novecento teatrale italiano è stato determinante per realizzare l'idea di sganciare le musiche dal teatro e, quindi, di impostare un lavoro basato sull'ascolto teatrale, sulla sonorità che non si esaurisce con la presenza del canto, ma parte da una struttura scenica fondata più sull'ambiente sonoro che sul contenuto. Così - ha continuato a spiegare il curatore - mentre l'edizione del Teatro ha segnato un traguardo, in cui Viviani rivive attraverso la lettura grazie alla pubblicazione e alla diffusione dei suoi testi; nella seconda fase del suo lavoro ha riunito questo materiale allo scopo di diffonderlo adeguatamente e con strumenti idonei. Il Maestro ha sottolineato la necessità di superare un problema profondo che penalizza alcuni autori come Viviani: rimanere imbrigliati in un'eccessiva forma di autoreferenzialità. La strategia vincente per liberarli dai vincoli a cui li obbligano i loro natali potrebbe essere quella della "delocalizzazione", cioè consentire che le opere di questi grandi artisti possano arrivare a un mercato ed a un pubblico più vasto, che possano essere in Rete e varcare i confini dell'avarizia culturale. "Le nostre tradizioni sono tanto più forti - ha affermato Pasquale Scialò - quanto più riusciamo a farle veicolare". Proprio per questo, il volume offre la possibilità di accedere ad una parte significativa della produzione dell'artista, definito il cantastorie urbano, traducendo la lingua di Viviani in italiano e in inglese con l'aiuto di simboli fonetici internazionali, creando uno strumento metodologico alla portata di coloro che abbiano aspirazione ad approfondire la conoscenza dell'autore. Pasquale Scialò ha poi concluso il suo intervento ringraziando Carla Conti per l'elaborazione degli spartiti musicali e Paola Ossoli che ha eseguito il lavoro di traduzione in inglese. A questo punto, è intervenuta Antonia Lezza, docente di Letteratura Italiana e di Letteratura teatrale italiana presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell'Università degli Studi di Salerno, con la quale Scialò ha collaborato nella pubblicazione di alcuni fra gli studi più rappresentativi dell'ampia bibliografia critica su Viviani. La studiosa ha giudicato interessante l'operazione compiuta in questo libro che è rivolto anche al mondo della scuola, auspicando che i docenti possano utilizzarlo come strumento per affrontare in maniera seria l'educazione al teatro, alla quale si deve dare uno spazio idoneo e ufficiale nell'ambito della cultura. Antonia Lezza ha poi avvalorato la tesi sostenuta da Scialò a proposito dell'esigenza che c'è, a livello internazionale, di Viviani, basti pensare all'allestimento di un "reading" di Via Toledo di notte a New York; la traduzione di alcuni testi di Viviani in francese; una voce dedicata a Viviani, curata da Antonia Lezza, nell'Encyclopedia of Italian Literary Studies (stampata a New York in 2 volumi). Infine, Antonia Lezza ha esaminato il rapporto musica-testo nel teatro di Viviani, sottolineando come la connessione delle due parti sia imprescindibile ed operare una scissione potrebbe essere una limitazione sotto certi punti di vista. Nel caso di Canti di scena, la separazione di un segmento da un unicum perfettamente omogeneo ed armonioso è stato un modo di procedere seguendo il criterio di una scelta antologica di brani tratti da un'opera omnia. Questo volume ha comunque il pregio nel fatto che il curatore ha corredato ogni canto di un'introduzione che serve a contestualizzarlo ed a collocarlo in maniera corretta nel contesto teatrale da cui è tratto. Enzo Moscato, ha concluso il giro degli interventi e, parlando di Viviani, lo ha definito "inventore epico" delle sonorità e, sostenendo la grande affinità tra il drammaturgo stabiese e il mondo di Joyce, Moscato ha affermato che Viviani è napoletano soprattutto nella fedeltà fonetica, ma in una visione più ampia del suo teatro, egli può essere definito "subspecie aeternitatis", è un "civis mundi". Solo prendendo coscienza della dimensione cosmica di Viviani possiamo liberarlo dal campanilismo, dai pregiudizi generati da un'eccessiva forma di territorialità con cui talvolta viene rappresentato. La lingua napoletana, è "un medium universale" e non deve obbligatoriamente seguire un'ortodossia fonetica e "pronunciativa". Il suono va oltre la cosa significata, emessa. Il tratto più moderno del teatro di Viviani sta in questa forma sonora che, non a caso si esprime nelle canzoni, ma non soltanto nelle canzoni.
Margherita De Falco